La vera storia della banda Hood by Wu Ming 4

La vera storia della banda Hood by Wu Ming 4

autore:Wu Ming 4 [4, Wu Ming]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2024-03-20T09:25:50+00:00


Creswell Crags

Il fischio risuonò acuto nella forra e fece drizzare il collo a un airone, che si mise in allerta. Una rana ne approfittò per tuffarsi in acqua e nuotare lontano.

Edric alzò la testa dalle frasche voltandosi nella direzione del suono. Mise pollice e indice in bocca e rispose con un fischio identico. Quindi si mise di vedetta sul bordo dello stagno che occupava la parte orientale della gorgia. Lo specchio d’acqua si trasformava poi in un acquitrino paludoso, che si estendeva fino ai due contrafforti di roccia a occidente.

Le grotte si aprivano sulle coste laterali, come tante bocche nere spalancate verso lo stagno.

Una delle due sponde era più ampia ed erbosa e ospitava dei salici, i cui rami lambivano l’acqua. Sull’altra c’era solo uno stretto passaggio tra la parete rocciosa e la vegetazione palustre. Da un estremo all’altro la gola era come un solco in mezzo alla foresta che la circondava e ne ricopriva le sponde. Soltanto gli uccelli potevano scorgerla in volo e planare sulle acque. Per lo più anatre, aironi, stormi di oche di passaggio.

Much e Adam apparvero sul sentiero, magri e agili, archi e faretre a tracolla. Trasportavano un grosso tasso appeso a un ramo che portavano in spalla. Edric li salutò con un cenno della mano, quindi tornò a osservare i galleggianti di corteccia che segnalavano la posizione della rete. Quel mattino i pesci non ne volevano sapere, per quanti insetti catturasse e gettasse sul pelo dell’acqua. Eppure ce n’erano tanti in quelle acque verdastre.

I cacciatori depositarono la preda all’imbocco della grotta più piccola, accanto alla capanna ricoperta di frasche verdi. Un ragazzo e una ragazza, arrivati nel pieno dell’inverno con i geloni alle mani, e che nessuno era mai riuscito a distinguere uno dall’altra, vennero a sbirciare la preda, ma un’occhiataccia di Much li dissuase dall’avvicinarsi.

Ned stava tentando di accendere il fuoco con le pietre focaie. Much gliele strappò di mano e si mise a farlo lui. Dopo pochi colpi la scintilla incendiò l’erba secca, facendo scaturite una fiammella, pronta a essere alimentata con legnetti e poi rami più grandi. Much si dedicò a questo.

Il fratello minore portava ancora i segni dell’inverno trascorso, durante il quale aveva rischiato di morire di febbre. Pallido ed emaciato, Ned aprì un sacchetto di tela e mostrò il contenuto al fratello.

Much annuì compiaciuto e pescò dal sacchetto una punta di freccia di selce.

“Oggi ne ho trovate più dell’altra volta,” disse Ned. “Sul greto. E anche nelle grotte.”

Much fece sibilare l’aria tra i denti.

“Non ci sei entrato nelle grotte.”

“Non in quella grande,” bofonchiò Ned contrariato.

“Secondo me nella buca della grotta grande ce n’è un mucchio di punte di freccia,” disse Adam con un ghigno, mentre con il coltello sventrava il tasso.

Ned rabbrividì.

“È la porta dell’inferno quella. Ci ho buttato un sasso una volta e non ha fatto nessun rumore.”

“Smettila e dammi una mano con questa bestiaccia,” disse Adam, mentre mozzava una zampa dell’animale.

La consegnò a Ned, che andò a incastrarla tra i rami di un alberello poco distante, dove già erano inchiodate orecchie di lepre e ali di uccello.



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